Il trattamento di fine rapporto, comunemente conosciuto come “liquidazione” o semplicemente TFR, è la somma che spetta in Italia al lavoratore quando cessa il rapporto di lavoro subordinato. Il TFR è stato istituito con la l. n. 297/1982 in luogo dell’indennità di anzianità, è disciplinato dall’art. 2120 c.c. ed è stato riformato dal d.lgs. n. 252/2005 entrato in vigore l’1 gennaio 2007.
La legge stabilisce che in ogni caso in cui il rapporto di lavoro dovesse cessare, sia per volontà del datore che per volontà del dipendente, il secondo avrà diritto a ricevere l’importo economico destinato al TFR, ovvero quello che era stato trattenuto dalla retribuzione mensile per essere consegnato in modo differito al momento della cessazione del rapporto di lavoro (per licenziamento, dimissioni o decesso che sia). Tale retribuzione ha funzione previdenziale, in quanto lo scopo è quello di garantire al lavoratore una somma di denaro al momento della perdita dell’occupazione.
Per quantificare il TFR si può fare un calcolo molto semplice, basta sommare la retribuzione annua divisa per 13.5, questa va poi aggiornata in base ad un indice che rivaluta anno per anno il compenso. Il conteggio può essere effettuato da un consulente del lavoro o un avvocato. La legge del 2015 ha stabilito la possibilità per i lavoratori di avere il TFR in busta paga, avendo almeno 6 mesi di anzianità; tale riforma sperimentale, durata tre anni, è però terminata e dal 1 luglio 2018 i lavoratori non potranno più usufruire di questa possibilità.
Solo i dipendenti che lavorano presso la stessa azienda almeno da otto anni hanno diritto a richiedere un’anticipazione del proprio TFR; l’importo può arrivare fino al 70% del totale erogabile e può essere richiesto solo per i seguenti motivi: spese sanitarie per terapie o interventi straordinari, acquisto della prima casa per sé o per i figli o nei periodi di fruizione dei “congedi parentali”.
Il TFR potrà comunque essere destinato o internamente all’azienda (per riceverlo al termine del rapporto di lavoro), a un fondo INPS o a un’altra forma pensionistica privata.
Se l’azienda dovesse fallire o non adempiere a quanto dovuto, l’INPS garantirà comunque al lavoratore la somma dovuta entro 60 giorni dalla consegna della domanda e, nell’eventualità, gli ultimi tre stipendi non pagati. Questo è possibile grazie al fondo di garanzia istituito a tutela del lavoratore nelle situazioni di insolvenza del datore di lavoro.
TFR: come effettuare il calcolo per conoscere l’importo della propria liquidazione
Per calcolarlo in autonomia è possibile sommare tutti gli importi della busta paga, ottenendo la retribuzione annua lorda, poi dividere la somma risultante per 13.5 e infine detrarre lo 0.5% a titolo di contributo FAP.
Hanno diritto a percepire il TFR i dipendenti pubblici e privati assunti dal 2001 con contratto a tempo indeterminato o determinato (purché si sia lavorato per almeno 15 giorni continuativi al mese). L’importo deve essere corrisposto in una sola soluzione se inferiore a 50mila euro, in due rate annuali se è tra i 50 e i 100mila euro, in tre rate se è superiore ai 100 mila euro. Questo viene corrisposto direttamente dall’azienda in media in 45 giorni dal termine del rapporto di lavoro, ma anche prima. La somma può essere o versata sul conto corrente bancario o postale o attraverso un pagamento elettronico. Il diritto a percepire il TFR si prescrive dopo 5 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.
Nel caso si tratti di un dipendente pubblico, l’importo viene determinato dall’accantonamento per ogni anno di una quota del 6.91% della retribuzione annua. A chi ha maturato i requisiti pensionistici entro il 31 dicembre 2013 il TFR può essere corrisposto in una sola soluzione fino a 90 mila euro, due rate fino a 150 mila euro e tre rate se superiore a 150 mila euro. Per coloro i quali hanno maturato i requisiti al 1 gennaio 2014 invece la suddivisione è la stessa che spetta ai dipendenti privati.
Il TFR è obbligatorio e previsto dalla legge, tutti i dipendenti ne hanno diritto. Qualora non si sia certi di percepirlo è possibile rivolgersi ad un avvocato del lavoro per i relativi conteggi.
[1] L. 297/82 TFRa
[2] Articolo 2120 Codice civile (R.D. 16 marzo 1942, n.262)
[3] Decreto Legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”