Il 14 febbraio 2019 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Le novità introdotte sono numerose. Tra queste, in particolare, rientra l’abolizione del termine fallimento: ormai si parlerà esclusivamente di crisi. In questo modo, verrà messa da parte l’accezione negativa della parola per dare spazio a sinonimi più leggeri al fine di identificare tutte quelle aziende che si trovano a dover affrontare dei problemi concernenti dissesti economici e finanziari.
Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è stato introdotto dal decreto legislativo n.14 del 12 gennaio 2019 al fine di attuare una riforma organica della disciplina in materia e di definire le procedure di allerta. Alcune novità sono divenute operative già dal 16 marzo 2019, mentre altre previsioni entreranno in vigore trascorsi 18 mesi dalla data di pubblicazione del decreto legislativo stesso.
Il nuovo Codice della crisi d’impresa ha introdotto delle importanti novità. Tra queste, una è l’istituzione di un albo a cui apparterranno tutti coloro che saranno destinati a svolgere, su incarico del tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore. Si sono quindi apportate delle correzioni alla disciplina dell’amministrazione straordinaria e a quella relativa all’albo degli addetti alla gestione e al controllo nelle procedure, nel quale possono rientrare avvocati, dottori commercialisti oltre che a consulenti del lavoro e ad esperti contabili.
Il testo, composto da circa 391 articoli, oltre a prevedere la sostituzione del termine fallimento con liquidazione giudiziale, disciplina anche apposite procedure di allerta in grado di portare, quando possibile, al risanamento. In più, sono state previste una significativa riduzione della durata e, soprattutto, dei costi delle procedure concorsuali e una particolare propensione verso modalità alternative a quella dell’esecuzione giudiziale. Infine, tutte le società che andranno a rientrare entro i limiti della citata riforma, dovranno obbligatoriamente procedere alla nomina di appositi organi di controllo.
Le norme del Codice della crisi d’impresa vanno inevitabilmente ad incidere su quelle del codice civile. Il codice fallimentare e quello civile, fondamentalmente, hanno sempre riguardato aspetti differenti: il primo, infatti, si è sempre concentrato sulla disciplina dell’impresa, mentre il secondo su quella delle società. L’intento della nuova riforma è quello di riconciliare i due in modo da definire al meglio la situazione in cui un’impresa versi in uno stato di crisi e di insolvenza, regolando sistematicamente gli assetti organizzativi e le violazioni di sindaci ed amministratori. Tuttavia, si attende la primavera del 2021, periodo che vedrà l’approvazione di una direttiva europea concernente l’insolvenza, per iniziare ad intravedere qualche modifica al suddetto Codice. La direttiva, nello specifico, comporterà la necessità di una suddivisione in classi di creditori per tutti coloro che esercitano un’attività economica. Ad ora, la continuità aziendale viene tutelata in maniera diversa in ambito europeo rispetto a quanto accade nel nostro ordinamento: nel primo ambito, essa viene garantita incondizionatamente, mentre nel secondo vengono disposti degli elementi di analisi e di verifica.